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Acanthus mollis L.subsp. mollis


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Acanthus mollis L. subsp. mollis

 

Sinonimi

Acanthus latifolius Hort. ex E.Goeze

Acanthus spinulosus Host

Acanthus lusitanicus Hort.

 

Tassonomia

Regno: Plantae

Divisione: Magnoliophyta

Classe: Magnoliopsida

Ordine: : Scrophulariales

Famiglia: Acanthaceae

 

Nome italiano

Acanto comune, Branca orsina, Brancalupo, erba della Maddalena, Foglie della spina

Localmente: Brancussina, Biancarussina, Erba Vavusa, Catascia ( Sicilia); Acantu, Erba de la Maddalena, Caldu imperiali, Folla de ferru (Sardegna).

 

Etimologia

Il nome del genere deriva dal greco ἄκανθα (akantha) = spina, per l'aspra spinescenza delle foglie di alcune specie; col nome ἄκανθος (akanthos) Teofrasto (fine IV, inizio III sec. a. C.) si riferiva alla Acacia nilotica (L.) Willd., un arbusto o albero della famiglia delle Leguminosae spontaneo dell'Africa e dell'Asia Sudoccidentale; vi è comunque un probabile riferimento all'A. mollis al verso 55 del I idillio del poeta greco-siceliota Teocrito (IV sec. a. C.), in cui viene descritto un vaso ligneo, promesso da un capraio al poeta Tirsi, portante, come decorazione, un ὐγρός ἄκανθος (ygros akanthos) = fluente acanto (o molle acanto): tale verso ispirò Virgilio (fine I sec. a. C.) che parla di una coppa donata al pastore Dameta dallo scultore Alcimedone, e i cui manici sono "avvolti intorno da molle acanto"*; lo stesso Virgilio fa riferimento, sia nelle Bucoliche, che nelle Georgiche, alle due specie di Acanthus su menzionate, quella di Teofrasto, e quella di Teocrito. Plinio il Vecchio (I sec. d. C.) invece evidenzia la differenza fra le due specie di Acanthos allora conosciute: una crespa e spinosa (certamente A. spinosus L.), ma di dimensioni più ridotte, l'altra, che veniva denominata anche Paederota o Melamphyllum, aveva, invece, un portamento più delicato**. Anche Dioscoride (I sec. d. C.) fa riferimento a queste due piante: una coltivata detta ἄκανθα o ἑρπάκανθα [herpacantha - da ἑρπετόν (herpeton) = serpente, e quindi spina serpentina, forse in riferimento alla sinuosità delle foglie], chiamata μελάμφυλλον (melamphyllon) o παιδἐρωτα (paiderota) dai Latini, che cresce nei giardini rocciosi e umidi, con foglie più grandi di quelle della lattuga e divise come quelle della rucola, e una selvatica denominata ἄγρια ἄκανθα (agria achanta - acanto silvestre - A. spinosus L.), simile allo σκόλυμος (skolymos - la pianta del carciofo), spinoso e di dimensioni più ridotte rispetto all'altra (Mat. Med., III: Cap. XIX-XX) .

Il termine specifico latino mollis = molle, flessuoso, non aspro, in contrapposizione all'altra specie A. spinosus, in cui le foglie basali sono alquanto aspre, e anche in riferimento ai versi della suddetta III Ecloga di Virgilio; lo stesso Linneo, fra i sinonimi di A. mollis [sp. Pl. 2: 639 (1753)] riporta l'Acanthus sativus vel mollis Vergilii descritto da Gaspard Bauhin (botanico svizzero - 1560-1624) in Pinax theatri botanici [Pin. th. bot., lib. X, sect. VI: 383 (1596)].

 

*Et nobis idem Alcimedon duo pocula fecit - et molli circum est ansas amplexus acantho (Verg., Buc., Ecl. III: v. XLIV-XLV)

**Acanthos est topiaria et urbana herba(...). Duo genera ejus sunt, aculeatum et crispum, quod brevius: alterum laeve, quod aliqui paederota vocant, alii melamphyllum (Plin., Hist. Nat., Lib. XXII: Cap. XXXIV).

 

Descrizione

Pianta perenne a portamento erbaceo-scaposo, con radici grosse e carnose, e uno o più scapi fioriferi eretti, rigidi, pauciflori, con densa pubescenza, alti da 50 cm a oltre 1 m, inseriti all'ascella di un fascio di grosse foglie radicali che formano una sorta di cespuglio basale. Tali foglie si dissecano nel periodo estivo; la ripresa vegetativa, con la riemissione delle foglie, avviene in autunno.

 

Foglie

Foglie basali lungamente picciolate, leggermente retroflesse, lunghe fino a 80-100 cm; picciolo semirigido, assai coriaceo, pubescente (peli semplici), color verde-chiaro, lungo 20-60 cm; lamina da ovata a ellittica, pennatifida, a volte con divisioni basali che arrivano fino al rachide, margine ciliato e grossolanamente dentato (all'apice di ciascun dente è presente una piccola, innocua, spina), lobo apicale acuto; pagina superiore verde-scura, lucida, glabra o con pochissimi peli sparsi, quella inferiore poco più chiara, glabra, con nervatura fortemente rilevata e portante una pubescenza simile a quella del picciolo. Foglie cauline sessili, aguzze, di dimensioni molto ridotte rispetto alle basali (lunghe 1,5-4 cm), con lamina intera, da ovato-lanceolata a ovato-spatolata, margine lungamente dentato-spinescente (pungente).

 

Fiori

Zigomorfi, ermafroditi, riuniti in una infiorescenza a spiga ± densa; ciascuno all'ascella di una brattea mediana ± simile alle foglie cauline, ma di dimensioni più ridotte verso l'apice dell'infiorescenza, e di 2 bratteole laterali sublineari-falcate, acute, a margine intero o subspinoso, lunghe fino a poco più di 2 cm; calice persistente, 4-mero, con sepali saldati alla base, quelli laterali (interni) minutissimi (lunghi 6-7 mm), largamente ovati o subrotondi, quelli esterni (superiore, lungo fino a circa 5,5 cm, e inferiore, lungo fino a circa 4 cm) subeguali (in modo da dare al calice un aspetto 2-labiato) a lamina ± ovata, revoluta soprattutto verso la base, con lassa e minuta pubescenza, margine subintero o dentellato nella metà apicale, ciliato, con pochi denti apicali grossolani, a volte spinescenti; sia le brattee che il calice sono ± arrossati di un rosso-porporino intenso, soprattutto lungo le nervature, i margini, e la porzione apicale -arrossatura molto marcata nel sepalo superiore; corolla bianca, arrossata sui nervi, lunga fino a 5-6 cm, con un unico labbro trilobo eccedente di poco il calice in lunghezza. Androceo formato da 4 stami didinami e 1 staminodio, completamente inclusi nel perianzio, antere densamente e lungamente ciliate; gineceo con ovario supero 2-loculare, ciascun loculo 2-spermo, stilo singolo, persistente, giallastro, con 2 brevi rami stigmatici, incluso nel perianzio, ma più lungo degli stami e appressato al sepalo superiore.

 

Frutti

Capsula loculicida ovoidale, brunastro-chiara a maturità, portante all'apice lo stilo dissecato a mo' di lunga appendice filiforme, e contenente da 1 a 4 semi (teoricamente 2 per loculo) glabri e lisci, compressi, bruno-rossastro-scuri, lunghi mediamente 1 cm o poco più, somiglianti a dei fagioli; la deiscenza è improvvisa ed elastica, così da proiettare i semi ad una certa distanza, favorendone la dispersione. I semi hanno un alto grado di germinabilità, ma la propagazione naturale della pianta è limitata agli ambienti in cui si conserva un certo grado di umidità del suolo anche nella stagione secca.

 

Periodo di fioritura

Marzo-Giugno

 

Territorio di crescita

Essenza corologicamente controversa dell'areale Mediterraneo, probabilmente originaria della Penisola italiana e della Sicilia, ora coltivata e spontaneizzata in diverse parti del globo anche grazie alla facile propagazione per seme; in Italia è spontanea in alcune Regioni, naturalizzata in altre; coltivata da tempi remoti all'incirca in tutte le Regioni, è quindi scontato che sia sfuggita alle coltivazioni a formare piccole popolazioni isolate; nella cartina che segue sono riportate le Regioni in cui la specie è certamente spontanea o in cui, comunque, ha avuto un adattamento e una diffusione tali da poterla ritenere subspontanea.

 

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Habitat

Predilige luoghi in cui il suolo mantiene sempre una buona umidità, anche ombreggiati, dai margini o schiarite delle boscaglie, ai bordi dei ruscelli, ai pratelli umidi; dove è naturalizzata è generalmente sinantropica, si rinviene quindi, di norma, a ridosso dei centri abitati o non molto distante da case rurali; dal piano alla collina (0 - 700 m s. l. m.).

 

Somiglianze e varietà

Qualche confusione potrebbe essere fatta con Acanthus spinosus L. subsp. spinosus, che possiede foglie basali aspramente spinescenti e pungenti e a lamina pennatosetta con marcatissime divisioni, spontaneo in Puglia e Basilicata, naturalizzato in Molise.

 

Specie protetta

Non risultano notizie di protezione di questa pianta su tutto il territorio italiano.

 

Costituenti chimici

Acidi organici, resine, glucosidi, mucillagine, tannino.

 

Uso Alimentare

Non si conoscono usi alimentari per questa specie.

 

Uso Cosmetologico

Con le foglie fresche triturate si fanno cataplasmi per la cura delle pelli arrossate

 

Uso Farmacologico

Gli estratti ricavati dalle foglie di questa specie hanno manifestato una notevole attività antifeedant su alcune specie di parassiti che infestano molti tipi di organismi vegetali ed animali, fra cui l' uomo. Le sostanze antifeedant non uccidono direttamente il parassita ma provocano una crisi anoressica per cui esso, perdendo sia la capacità di muoversi che di nutrirsi, muore di fame. Sono considerati gli insetticidi del futuro anche se non agiscono solo sugli insetti.

 

Tutti i trattamenti farmacologici e sanitari devono sempre essere eseguiti sotto stretto e diretto controllo medico.

 

Medicina alternativa e Curiosità

Le foglie e le radici sono astringenti, detergenti, emollienti e vulnerarie. La pianta, che contiene buone quantità di mucillagini e tannino, tradizionalmente è stata utilizzata per trattare lussazioni ed ustioni. Una pasta, ricavata dalla pianta, quando viene applicata sulle giunture lussate tende a normalizzare i muscoli ed i legamenti colpiti. Le foglie macinate sono state utilizzate per fare cataplasmi sulla pelle ustionata. Per uso interno la pianta ha proprietà emollienti e serve a trattare le mucose irritate del tratto gastrico e delle vie urinarie. Favorisce la fluidificazione del catarro bronchiale ed ha anche azione calmante ed astringente sull’intestino. L’infuso di foglie o di fiori stimola l'appetito, coadiuva la funzione del fegato e regolarizza la digestione.

 

Note

Nella mitologia greca, Apollo, dio del sole, tentò di rapire la bella ninfa Acantha, (dal greco ἄκανθα, spina) perché ella lo respingeva. La ninfa reagì graffiandolo in volto. Per vendicarsi il dio tramutò la ninfa nella pianta spinosa e amante del sole, che porta il suo nome ed è delegata a tenere lontano dai luoghi sacri le divinità maligne.

Callimaco, architetto ateniese, nel 500 A.C., scolpiva i capitelli delle colonne con foglie d'acanto, da allora questi capitelli sono diventati l'emblema dello stile corinzio.

Fin dall'antichità è ritenuta una difesa contro gli spiriti del male e adottata per proteggere le entrate dei luoghi consacrati, sepolcri e templi alle cui porte venivano appesi mazzetti di foglie acanto. Poi con il passare del tempo tali poteri furono attribuiti anche alla sua riproduzione in legno, pietra o marmo. L'acanto divenne l'elemento base decorativo di capitelli e di ogni fregio in strutture edificate a protezione di luogo sacro.

La religione cattolica riprese questo uso a difesa delle cripte e delle urne, custodi delle reliquie dei santi, ossia dei defunti in grazia di Dio, l'Acanto divenne simbolo di resurrezione e di vita eterna. Anche il sapere, conservato nei codici miniati, si difese ornando i capilettere con foglie di acanto.

L' acanto simboleggia prestigio e benessere.

 

 

Scheda di proprietà AMINT realizzata da Nino Bertozzi, Giovanni Baruffa, Marika, Renato M. Fondi, G. B. Pau, Annamaria Bononcini - Approvata e Revisionata dal Gruppo di Coordinamento dell'Area Botanica.

 

Link utili

 

Indici temi Botanici - Galleria dei Fiori Piante e Frutti dell'Associazione AMINT

 

Acanthus mollisL Regione Emilia-Romagna, Monzuno BO 350 m s.l.m., 19 giugno 2008 - foto di Nino Bertozzi

 

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