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Archivio Micologico

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  1. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill; Regione Trentino; Luglio 2006; Foto di Mauro Cittadini.
  2. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill; Regione Piemonte; Dicembre 2006; Foto di Gianni Baruffa.
  3. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill; Regione Trentino; Luglio 2006; Foto di Franco Sotgiu.
  4. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill; Regione Trentino; Agosto 2005; Foto di Gianni Bonini. Dal basso.
  5. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill; Regione Trentino Alto Adige; Luglio 2005; Foto di Mauro Cittadini. Particolare.
  6. Laetiporus sulphureus (Bull. : Fr.) Murrill 1920 Tassonomia Divisione Basidiomycota Classe Agaricomycetes Ordine Polyporales Famiglia Fomitopsidaceae Etimologia Dal latino laetiporus = dai semi lisci e sulphureus = attinente lo zolfo, per il colore. Cappello Complesso, formato da più strati sovrapposti, di forma irregolare, che si assottigliano verso il margine. Di grandi dimensioni, raggiunge anche 30-40 cm di diametro e sporge dal tronco ospite anche per 40 cm e più; la superficie è irregolare, vellutata, qualche volta anche zonata, più o meno irregolare, di colore giallo-arancio brillante (giallo-rosa negli esemplari giovani; giallo chiaro negli esemplari vetusti e disidratati). In zona alpina, su conifere, assume solitamente colori molto più chiari, sbiadisce con l’età, il margine si presenta lobato, ondulato, spesso un poco più chiaro. Imenoforo La parte fertile (quella inferiore) è formata da tubuli corti, di colore giallo zolfo, e pori minuti anch’essi sfumati di giallo, che spesso secernono delle goccioline giallastre. Gambo Apparentemente sessile, le mensole del cappello sono invece riuniti in una sorta di pseudogambo laterale, tozzo, che lo tiene ancorato al legno sul quale cresce. Carne Giallastra, tenera nel giovane ma molto tenace e gessosa negli esemplari adulti, diviene fragile e leggera negli esemplari essiccati; odore fungino e sapore non significativo. Habitat Saprotrofo o parassita che continua a fruttificare anche dopo la morte dell’ospite; di preferenza su legno di latifoglie ma anche su conifere, spesso abbastanza in alto sugli alberi; dalla tarda primavera, comune. Commestibilità e Tossicità Commestibilità condizionata al trattamento di prebollitura e completa cottura. Specie simili Meripilus giganteus (Pers.: Fr.) Karsten ha colori pileici molto più scuri e superficie leggermente scagliosa, non vellutata; Polyporus squamosus (Huds.: Fr.) Fr. ha superficie pileica dissociata in grosse squame brune su fondo ocraceo. Alcuni autori riconoscono anche l’esistenza di Polyporus sulphureus var. ceratoniae Risso, che viene volgarmente detto Fungo del carrubo (Ceratonia siliqua L. è una pianta tipica del bacino Mediterraneo, molto diffusa soprattutto in Sicilia e Sardegna), attribuendogli imprudentemente straordinarie caratteristiche organolettiche e considerandolo una prelibatezza, in realtà si tratta semplicemente del Laetiporus sulphureus cresciuto su pianta del Carrubo. Osservazioni In America, dopo studi genetici (Burdsall & Banik, 2001) su numerose raccolte di Laetiporus, sono stati definitivamente separati sei taxa e un intra-taxon: Laetiporus persicinus (Berk.& M.A. Curtis) Gilbertson, Laetiporus cincinnatus (Morgan) Burds. Banik & Volk, Laetiporus huronensis Burds. & Banik, Laetiporus conifericola Burds. & Banik, Laetiporus sulphureus (Bull.: Fries) Murrill, Laetiporus gilbertsonii Burds. e Laetiporus gilbertsonii var.pallidus Burds; la regione geografica e il substrato di crescita sono dati fondamentali ai fini della separazione tra le specie. In Europa il Laetiporus sulphureus complex non è stato ancora revisionato. Bibliografia BURDSALL, H.H. & BANIK, M.T., 2001. The genus Laetiporus in North America. Harvard Papers in Botany. Vol. 6, 1: 43-55. [Data di accesso: 25/01/2015]. Scheda AMINT tratta da Tutto Funghi. Regione Trentino; Luglio 2006; Foto di Mauro Cittadini.
  7. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Emilia Romagna; Luglio 2014; Foto di Massimo Biraghi.
  8. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Piemonte; Agosto 2014; Foto di Roberto Cagnoli.
  9. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Umbria; Luglio 2014; Foto di Mario Iannotti. Molto abbondante nei boschi termofili appenninici, si caratterizza per avere le lamelle anche nei soggetti adulti molto fitte e strette, il latice piccante, bianco immutabile. Un primordio ed un esemplare adulto, le lamelle in entrambi restano molto fitte.
  10. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Umbria; Giugno 2013; Foto di Stefano Rocchi.
  11. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Lombardia; Luglio 2013; Foto e commento di Massimo Biraghi. Latice biancastro, immediatamente bruciante, Pileo di aspetto leggermente corrugato, più evidente verso il marcine del cappello, colorazioni biancastre con macchie bruno-ruggine irregolari, lamelle serrate biancastre con riflessi rosati, imbrunenti all tocco o per vetustà. Confronto tra le due specie: a sinistra L. piperatus, a destra L. glaucenses. Reazione alle basi forti, in questo caso KOH 30%; subnulla in Lactarius piperatus, decisamente giallo-arancio in Lactarius glaucenses. Foto d'insieme delle due specie per meglio osservarne le caratteristiche macroscopiche diverse.
  12. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Marche; Luglio 2011; Foto di Pietro Curti. Pileo, imenoforo con emissione di latice, gambo.
  13. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Toscana; Giugno 2010; Foto di Alessandro Francolini. Il latice appena fuoriuscito.
  14. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Umbria, Colli del Trasimeno; Giugno 2012; Foto di Luigi Minciarelli. Habitat bosco misto di latifoglie. Lamelle fittissime, latice bianco immutabile, dal sapore acre bruciante ed allappante.
  15. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Toscana; Luglio 2009; Foto di Alessandro Francolini. Lamelle fittissime, con sfumatura carnicina; latice abbondante e lattiginoso.
  16. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Liguria; Luglio 2010; Foto di Gianluigi Boerio.
  17. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Umbria; Giugno 2009; Foto di Tomaso Lezzi. Latice bianco acre, che col tempo diventa giallognolo sulle lamelle. Presente in molti esemplari in bosco misto di Quercia, Carpino, Castagno. Particolare del latice bianco, acre, immutabile, si vedono anche le numerose forcature delle lamelle, che in questa specie sono molto fitte.
  18. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Toscana; Giugno 2008; Foto di Alessandro Francolini.
  19. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Lombardia; Luglio 2005; Foto di Emilio Pini.
  20. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel; Regione Umbria; Giugno 2005; Foto e commento di Tomaso Lezzi. Bosco misto Faggio e Castagno. Sapore del latice piccante, lamelle fitte. Il dubbio era solo tra Lactarius piperatus e Lactarius glaucescens, il primo ha latice bianco immutabile, il secondo che vira dopo un po' di tempo all'azzurro-verde. Lamelle fitte e forcate. Latice bianco, immutabile e piccante.
  21. Lactifluus piperatus (L. : Fr.) Roussel 1806 Tassonomia Divisione Basidiomycota Classe Agaricomycetes Ordine Russulales Famiglia Russulaceae Nome italiano Agarico pepato e Peveraccio. Sinonimi Lactarius piperatus (L. : Fr.) Pers. 1797 Etimologia Dal latino lāc, lactis = di latte e flŭo e us = fluire, quindi fluente, per il latice che secernono i carpofori appartenenti a questo genere. Dal latino piperatus = pepato, per l'acredine della carne. Cappello 5-15 cm, carnoso, sodo, consistente, di medie dimensioni, convesso e involuto nei giovani esemplari, poi piano-depresso, infine imbutiforme, non zonato, margine sottile e ondulato. Cuticola asciutta, pruinosa, leggermente rugosa, glassata, con la tendenza a screpolarsi con tempo secco, non separabile dalla carne o solo leggermente al margine (adnata). Colorazioni pileiche bianco-latte, bianco-crema a maturazione, si macchia di ocra-giallastro, bruno-ruggine in vecchiaia o per manipolazione. Imenoforo Lamelle di colore bianco con leggerissime sfumature crema o rosate, molto fitte, serrate sia nei primordi che negli esemplari adulti, strette, intercalate da numerose lamellule di varia lunghezza, forcate, da adnate ad appena decorrenti, fragili, facilmente asportabili, si macchiano di bruno nelle fratture o erosioni. Il filo lamellare talvolta si presenta leggermente crenulato. Gambo 3-7 × 2-4 cm, cilindrico, tozzo, di aspetto massiccio, normalmente attenuato alla base, raramente slanciato, pieno, sodo, farcito in vecchiaia, di colore biancastro, crema-ocraceo con l'età, imbrunente verso la base, può presentarsi anche eccentrico o laterale. Carne Dura, compatta, spessa, biancastra alla sezione, vira su tonalità crema, odore subnullo e sapore decisamente acre. Latice abbastanza abbondante, lattiginoso, immutabile se isolato, con sfumature giallo-olivastre sulle lamelle, subito molto acre e bruciante, talvolta allappante. Reazioni macrochimiche: negativa con Tintura di Guaiaco, negativa con KOH (Idrossido di potassio), rosata con FeSO4 (Solfato ferroso). Habitat Cresce in gruppi non numerosi nei boschi di conifere e latifoglie, prediligendo queste ultime; fungo precoce, fruttifica dalla tarda primavera a tutto l'autunno. Commestibilità e Tossicità Specie velenosa, responsabile di sindrome gastroenterica incostante. La tradizione culturale legata al consumo di Lactifluus della Sezione Albati, compreso il L. piperatus, che ancora sopravvive nel territorio pesarese e zone limitrofe, è sistematicamente responsabile di avvelenamenti e conseguenti ricoveri ospedalieri in quelle zone. Questo anche se questi funghi, per essere consumati, vengono bolliti lungamente, viene buttata l'acqua di cottura, vengono ricotti per ulteriori ore allo scopo di preparare sughi con pomodoro e carne e quindi assimilati in piccole dosi, nonostante ciò, ogni tanto i micologi delle ASL vengono chiamati negli ospedali della zona per affrontare micetismi che coinvolgono spesso interi nuclei familiari. Specie simili La specie più prossima è Lactifluus glaucescens (Crossl.) Verbeken = Lactarius glaucescens Crossl., più raro, che si distingue per le lamelle arrotondate al gambo e con rilessi grigio-verdastri (glauchi), la carne virante dopo circa 30 minuti su toni grigio-verde e la reazione giallastra al KOH sulla cuticola; Lactifluus vellereus (Fr. : Fr.) Kuntze = Lactarius vellereus (Fr. : Fr.) Fr. e Lactifluus bertillonii (Neuhoff ex Z. Schaef.) Verbeken = Lactarius bertillonii (Neuhoff ex Z. Schaef.) Bon, sono di taglia maggiore e posseggono lamelle spaziate e spesse; tra l'altro Lactifluus vellereus, unico tra gli Albati, ha il latice più o meno dolce ma non acre; Lactarius controversus Pers. : Fr. cresce generalmente sotto Pioppo e presenta lamelle di un marcato rosa-carnicino e la superficie del cappello si macchia di rosa-vinoso, specialmente a maturazione. Tutte le specie sopra indicare sono responsabili di intossicazioni incostanti. Lactifluus subvellereus (Peck) Nuytinck = Lactarius subvellereus Peck, sempre non commestibile, dai colori biancastri e il sapore della carne acre, si distingue per il pileo tomentoso-vellutato e per le lamelle meno fitte. Simili dal punto di vista morfocromatico sono anche Russula chloroides (Krombh.) Bres. e Russula delica Fr., ma la carne di queste non secerne latice. Russula delica ha una ricca tradizione culinaria marchigiana, talmente radicata e forte, da essere persino nell'elenco regionale delle specie commerciabili, quindi non solo considerata commestibile ma anche vendibile nei negozi. La nostra opinione è che si tratti di un fungo pessimo e poco digeribile, la sua lieve acredine sottende alla presenza di modeste quantità di peptine acroresinoidi e inoltre l'eccessiva compattezza della carne sicuramente impegna fortemente la digestione di chi coltiva una passione per questo fungo. Sono comunque da escludere micetismi attribuibili a questa specie. Osservazioni In Italia questa specie, o una molto affine, fu descritta per la prima volta da Giovan Battista Della Porta (1540-1615) filosofo, scienziato, alchimista e commediografo del Rinascimento italiano; nel libro X della sua opera del 1592 Villae libri XII, in cui descrive accuratamente molti esemplari fungini, troviamo scritto: Vi è un fungo chiamato Piperitis, perché pizzica la lingua a chi ne mangia e fa bruciare le fauci come fosse pepe; anch'esso nasce d'autunno, è di colore bianco e viene chiamato dal volgo Peperella. In tale Peperella (oggi volgarmente chiamato Peveraccio), i micologi moderni vedono appunto il comune e frequente Lactarius piperatus; probabilmente nel 500 era un fungo apprezzato come condimento in quanto sostitutivo del pepe, spezia che veniva importata dall'Oriente a carissimo prezzo. L'uso commestibile non si è peraltro esaurito col passare dei secoli, infatti ancor oggi viene praticata da alcuni l'usanza di ridurlo in polvere, dopo averlo essiccato al sole, e utilizzarlo appunto come surrogato del pepe per speziare carni e pietanze. Risulta inoltre consumato in alcune località del Centro e Sud Italia dopo prolungata cottura per privarlo dell'acredine, tuttavia, malgrado questo accorgimento, rimane sempre coriaceo, amaro, disgustoso e causa di frequenti problemi gastroenterici. In base a recenti studi filogenetici sulle Russulales, il genere Lactarius non risulta essere monofiletico e per tale ragione alcune specie tra cui Lactarius piperatus vanno oggi ascritte al genere Lactifluus. Alcune dicerie popolari vogliono che la sua comparsa nei boschi preceda di qualche giorno la crescita dei primi porcini estivi (Boletus reticulatus Schaeff.). Bibliografia BASSO, M.T., 1999. Lactarius Pers. Fungi Europaei. Vol 7. Alassio (SV): Ed. Mykoflora. VERBEKEN, A. & NUYTINCK, J., 2013. Not every milkcap is a Lactarius. Russulales-2010. Scripta Botanica Belgica 51: 162-168. [Data di accesso: 21/01/2016]. Scheda AMINT tratta da Tutto Funghi.
  22. Lactarius zonarius (Bull.) Fr.; Regione Lombardia, loc. Gera d'Adda; Luglio 2014; Foto di Sergio Mombrini.
  23. Lactarius zonarius (Bull.) Fr.; Regione Lombardia, loc. Gera d'Adda; Luglio 2014; Foto di Massimo Biraghi.
  24. Lactarius zonarius (Bull.) Fr.; Regione Sardegna; Dicembre 2014; Foto di Franco Sotgiu.
  25. Lactarius zonarius (Bull.) Fr.; Regione Umbria; Settembre 2013; Foto di Mario Iannotti.
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