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Alessandro F

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  1. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Amanita caesarea (Scop.: Fr.) Pers.
  2. Lyophyllum conglobatum (Vitt.) Bon = Lyophyllum fumosum (Pers.) P.D. Orton
  3. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Lyophyllum conglobatum (Vitt.) Bon = Lyophyllum fumosum (Pers.) P.D. Orton Evidente massa carnosa che fa da base unica
  4. Ganoderma lucidum (Leyss.: Fr.) P. Karst.
  5. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Ganoderma lucidum (Leyss.: Fr.) P. Karst. La forma del cappello è quella tipica detta reniforme, con il gambo laterale. Fungo lignicolo inconfondibile per il suo aspetto generale, per la consistenza coriacea o addirittura legnosa e per la superficie sterile che, sia sul cappello che sul gambo, appare come una crosta lucida e brillante, come cosparsa di ceralacca, più o meno gibbosa; sul cappello sono presenti di solito delle marcate zonature e solcature concentriche. Tale crosta è resistente anche al calore e non si deteriora neanche se esposta alla fiamma di un fiammifero. Il suo colore va dal rosso al bruno, all’arancione per scurirsi a maturità fino ad assumere sfumature bruno-nerastre o blu-violetto scure. Pori piccoli e rotondi; superficie poroide color crema da giovane, color tabacco a maturità; si scurisce alla manipolazione o alla scalfittura. Dal TUTTO FUNGHI, pag. 153: “Si tratta di un fungo molto vistoso: l’aspetto laccato e i colori vivi e brillanti suscitano la curiosità di tutti quelli che lo incontrano; molti lo raccolgono nei nostri boschi per usarlo come decorativo nei vasi o come soprammobile. In Oriente i cinesi lo chiamano Ling Zhi, ovvero potenza spirituale, i giapponesi Reishi e, in entrambi paesi è coltivato e viene commercializzato per uso medicinale poiché risulterebbe efficace (come altre specie del Genere Ganoderma) nella cura di molti mali. Sono in corso studi anche in Europa, in particolare in Spagna, per verificare l’effettiva efficacia terapeutica. Suo simile è Ganoderma carnosum che ha la superficie pileica più scura, è vistosamente più grande (30 cm) e cresce su conifere prediligendo l'Abete bianco."
  6. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Boletus fechtneri Velenovsky Boleto tipico della stagione calda, con habitat presso latifoglie (castagno, quercia, faggio) e più raramente presso conifere (peccio). Cuticola asciutta, vellutata o sericea di colore variabile dal grigio-biancastro al bruno-nocciola ma sempre con tonalità chiare; il margine pileico è eccedente e a volte sfumato di rosa. Tubuli gialli nei giovani esemplari, poi giallo-olivastri, viranti all’azzurro-verde al taglio; pori piccolissimi, concolori ai tubuli, bluastri al tocco. Il gambo ha forma da cilindrica a ingrossata alla base, con colore di fondo giallo-cromo ma presenta sovente sfumature rosate più o meno diffuse o disposte in una fascia anulare. Reticolo a maglie piccole e concolori al fondo. Carne dal sapore dolce e dall’odore (più gradevole negli esemplari giovani) che alcuni Autori paragonano a quello dei coloranti a tempera. Commestibile buono solo dopo adeguata cottura, così come gli altri Boletus della sua Sezione (Appendiculati) Dal TUTTO FUNGHI, pag. 538: “Risulta confondibile con altri boleti della Sezione Appendiculati: Boletus subappendiculatus, specie piuttosto rara e associata all’Abete bianco, si differenzia per la cuticola finemente feltrata bruno-ocracea, il viraggio lievissimo della carne e l’assenza delle colorazioni rossastre sul gambo; Boletus appendiculatus, caratterizzato da tinte pileiche bruno-rossastre e base del gambo tipicamente attenuata e radicante. Le forme del nostro fungo con cappello particolarmente chiaro potrebbero generare confusioni con i boleti della Sezione Calopodes (B. radicans e B. calopus), dalla carne tipicamente amara e dall’odore sgradevole di colla vinilica. Boletus pulchrotinctus è diversamente caratterizzato da cuticola con colorazioni rosate diffuse, più cariche al margine e carne rosata sotto la cuticola. Altra possibile confusione potrebbe avvenire con le forme a pori gialli di Boletus satanas.” Boletus luridus Schaeff.: Fr. Cappello con notevole varietà cromatica: da giallo-pallido a bruno-olivastro passando attraverso sfumature ocra, brune, camoscio, fulve e spesso con tali sfumature miscelate tra di loro (senza comunque toni netti sul rosso vivo); cuticola asciutta e vellutata; tubuli lunghi e liberi al gambo, gialli all’inizio per poi divenire verde-oliva scuro a maturità, comunque viranti velocemente al blu al taglio; pori giallognoli nei giovani esemplari (quando il cappello è ancora racchiuso sul gambo) ma molto presto dal rosso-arancio al rosso laterizio, viranti al blu al tocco; anche il gambo presenta vari cromatismi che vanno dal giallognolo (più verso l’apice) al rosso-brunastro; a maturità la base è di solito scurita in bruno-nerastro o violetto-scuro; il gambo è coperto da un reticolo di solito a maglie evidenti, strette, allungate-poligonali e di colore rossastro più scuro del colore di fondo. Tutte le superfici virano al blu al tocco. La carne (anche lei!) presenta varie colorazioni: giallo pallido quella del cappello e sotto la cuticola, rossastra anche assai scura quella alla base del gambo, caratteristicamente arancio-rossa quella aderente ai tubuli. Proprio questo strato rosso-arancio che separa i tubuli (sul giallognolo) dalla carne del cappello (sul giallognolo) dà adito alla cosiddetta “linea di Bataille” visibile per pochi attimi alla sezione: pochi attimi perché tutto lo sporoforo tende a virare molto velocemente al blu a contatto con l’aria. Sapore dolce e odore buono, fruttato. Dal TUTTO FUNGHI, pag. 564: “È il capostipite della Sezione Luridi, gruppo di Boletus a pori arancio-rossi e carne virante al blu se contusa o esposta all’aria. In considerazione delle difficoltà oggettive nell’identificazione delle numerose specie di Boletus a pori rossastri, è consigliato evitare il consumo di questo fungo se non si è certi della sua corretta identificazione. Buon commestibile dopo adeguata cottura, velenoso crudo o poco cotto. Velenoso anche se la sua ingestione è contemporanea all’assunzione di sostanze alcoliche (anche fino a 72 ore di distanza), provoca la sindrome coprinica, altrimenti detta effetto antabuse.”
  7. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Coprinus insignis (Peck) Redhead, Vilgalys & Moncalvo Dal TUTTO FUNGHI, pag 333: “Coprinus insignis, per molti attualmente Coprinopsis insignis, ha il cappello fibrilloso-peloso con una zona brunastra al disco, gambo leggermente fioccoso su tutta la superficie e spore verrucose; è rinvenibile in ambiente mediterraneo, spesso su ceppi di Quercia, in gruppi di pochi esemplari.” (foto già inserite in Archivio)
  8. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Lyophyllum conglobatum (Vitt.) Bon = Lyophyllum fumosum (Pers.) P.D. Orton La caratteristica più appariscente di questa specie è la crescita particolarmente connata, con i gambi dei singoli funghi che emergono da una unica massa carnosa che fa da base comune. In tal modo tutto l’insieme si può presentare come una “palla” di funghi ben compatta. Il cappello è glabro con colore dal grigio al grigio brunastro fino al bruno, con presenza di fibrille più scure del fondo e disposte radialmente; il gambo ha colore più chiaro (da bianco a bruno grigiastro pallido). Le lamelle sono più o meno fitte, da biancastre a giallastre, un po’ ingiallenti al tocco ma non annerenti come in altre specie di Lyophyllum; la carne è soda, compatta e tenace, bianca o biancastra e immutabile; con odore e sapore deboli ma gradevoli. Habitat presso latifoglie. Può essere confuso con Lyophyllum connatum dal colore del cappello bianco-ghiaccio e con aspetto glassato (ma che si macchia di grigio-beige chiaro se scalfito), con carne fragile che si spezza facilmente alla pressione, con crescita non così connata ma tutt’al più fascicolata, oppure con L. loricatum, simile al precedente, ma che possiede una carne tipicamente spessa, tenace ed elastica che si spezza con difficoltà anche piegando decisamente il cappello. In basso si nota la massa carnosa e bianca che fa da base comune
  9. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Entoloma lividum (Bull.) Quélet [= Entoloma sinuatum (Bull.: Fr.) Kumm.]
  10. Amanita vaginata s. l. Striature dell'orlo pileico
  11. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Amanita vaginata s. l. Cappello con toni grigi (grigio cenere, grigio perla, grigio piombo,...) anche sfumato di ocraceo nella zona discale; umbone ampio ma non prominente; orlo pileico con evidenti striature regolari; anello assente (o, meglio, dissociato e ridotto a fioccosità che rimangono aderenti alla base del gambo e ricoperti dalla volva; quindi anello non rilevabile sul gambo); gambo slanciato, bianco, liscio o coperto di fini fioccosità concolori; volva fragile ma abbastanza spessa, aderente al piede del gambo e libera all’orlo. Dal TUTTO FUNGHI, pag. 343: “Il gruppo delle Amanita del sottogenere Vaginaria è costituito da un numero di specie molto vasto e ancora non ben delimitate. Tranne rarissimi casi, per una corretta determinazione di questo gruppo è indispensabile l’attenta osservazione microscopica. Sono tutte commestibili di ottimo pregio; si usufruisce del solo cappello ed è obbligatoria una cottura adeguata (15 minuti dal primo bollore). Essendo funghi molto fragili devono essere raccolti con grande delicatezza.”
  12. Lepiota clypeolaria (Bull.: Fr.) Kummer
  13. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Lepiota clypeolaria (Bull.: Fr.) Kummer Cappello con fini squamule brunastre su fondo pallido, più appressate al centro; margine appendicolato; gambo (liscio all'apice) fioccoso-lanoso con fiocchetti crema-chiaro. Simile a L. ventriosospora che ha però velo giallastro-aranciato e che quindi presenta squamule sul cappello più aranciate e fiocchetti sul gambo concolori Dal TUTTO FUNGHI pag 297: "E' una delle poche Lepiota di media taglia di consistenza fragile: difficoltosa è la raccolta senza comprometterne l'integrità"
  14. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Amanita franchetii (Boud.) Fayod Con primordio Verruche del cappello
  15. Amanita caesarea (Scop.: Fr.) Pers. La presenza del parassita Mycogone rosea Link è evidente soprattutto nella volva di questo esemplare sezionato; l'odore generale, inoltre, era di uovo marcio, molto sgradevole
  16. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Amanita caesarea (Scop.: Fr.) Pers. Dal TUTTO FUNGHI pag 348: “Questo fungo ama in particolare i siti soleggiati e caldi, con esposizione a sud, in particolare radure e aperture boschive. Per l’insieme delle situazioni descritte non è raro trovarlo ai margini dei sentieri boschivi più aperti e soleggiati. Spesse volte può essere parassitato da un ifomicete (fungo che cresce parassita su altro fungo): si tratta di Mycogone rosea che riveste la superficie di Amanita caesarea con una sorta di muffa rosa; in questi casi si sconsiglia tassativamente la raccolta e il consumo degli esemplari interessati dal processo di parassitismo.” Appena usciti dall' "uovo"
  17. Boletus satanas Lenz Viraggio leggero alla sezione, anche dopo qualche minuto (l'esemplare era già vecchio e i vermi la facevano da padrone)
  18. Boletus satanas Lenz Imenoforo con pori piccoli e rotondi; arancio-rosso ma più gialli al margine. Blu alla pressione
  19. Boletus satanas Lenz Gambo giallo nella parte superiore; poi rosso, rosso-viola nella parte centrale. Reticolo evidente nei due terzi superiori
  20. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Boletus satanas Lenz Dal TUTTO FUNGHI pag 568: “Il nome altisonante ha certamente contribuito a dargli nel corso del tempo la nomea del Boletus tossico per antonomasia; in realtà la sua velenosità dopo cottura non è delle più importanti tra quelle esistenti in natura: certamente da respingere anche se è corretto ricordare che sono ben altre le specie velenose. Le tonalità biancastre del cappello, le notevoli dimensioni, il particolare viraggio della carne (bianco-giallastra che vira debolmente all’azzurro alla sezione, in modo disomogeneo e distribuito a settori) e lo sgradevole odore che emana a maturazione, lo rendono difficilmente confondibile con gli altri Boletus della stessa Sezione; l’unico con vaga somiglianza è Boletus rhodoxanthus che, pur presentando analoghi colori biancastri sul cappello, si distingue facilmente per taglia decisamente inferiore, viraggio della carne solo nel cappello, carne giallo cromo, gambo non obeso.”
  21. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Boletus aereus Bull.: Fr.
  22. Omphalotus olearius (De Cand.: Fr.) Fayod Lamelle decorrenti Superficie del cappello percorsa da fibrille
  23. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Omphalotus olearius (De Cand.: Fr.) Fayod Specie altamente coreografica per i suoi colori brillanti e uniformi su cappello e gambo: di solito arancio o giallo-arancio fino a fulvo, bruno-rosso anche se può presentarsi anche bruno scuro. Le lamelle sono molto fitte e molto decorrenti sul gambo, intercalate da lamellule, con colori dal giallo-oro al giallo-arancio e sempre con tonalità più giallastre rispetto al cappello. Cresce cespitoso alla base o sulle radici di latifoglie, prediligendo piante come il Leccio, l’Olivo (da cui il nome), la Quercia; le sue dimensioni sono anche ragguardevoli potendo raggiungere un diametro pileico di 20 cm. Ha la caratteristica di essere bioluminescente. È specie tossica. Confondibile con Hygrophoropsis aurantiaca che preferisce le conifere, non è cespitosa, è di colori più aranciati e, soprattutto, ha imenoforo privo di lamellule e con le lamelle aventi tendenza a biforcarsi. Dal TUTTO FUNGHI, pag 492: “Specie tipo del Genere Omphalotus, termofila, molto diffusa nell’area mediterranea, può essere saprotrofa ma prevalentemente è parassita: spesso la ritroviamo affiorante dal suolo, apparentemente terricola, ma basta scavare leggermente sotto il gambo per trovare la radice o il legno che gli fa da substrato. La bioluminescenza di questa specie è provocata da alcuni pigmenti presenti nelle lamelle. Dobbiamo dire che il fenomeno non è sempre riscontrabile e che per manifestarsi ha bisogno del buio totale. Questo fungo ha anche un’altra caratteristica: se manipolato macchia le mani di arancione.”
  24. Lycoperdon pyriforme Pers.: Persoon Laddove gli aculei più grandi sono caduti, restano evidenti le tipiche areolature
  25. Appennino, zona Lagaro; Cerro puro; 650 metri Lycoperdon perlatum Pers.: Persoon È tra le “vescie” quella più facile da incontrare essendo ubiquitaria, terricola ma non di rado reperita su residui legnosi in decomposizione e, raramente, su pigne. Gli aculei conici (alti fino a 2 mm soprattutto all’apice dell’esoperidio) sono contornati alla base da piccole verruchine o da aculei più tozzi che permangono anche dopo la caduta degli aculei più grandi: ne risulta una caratteristica areolatura a maglie pseudo-poligonali. Commestibile, come le sue congeneri, quando la gleba è ancora perfettamente bianca. Dal TUTTO FUNGHI, pag 593: “Si tratta di una specie polimorfa ma, nel contempo, molto costante nel presentare aculei conici. Questa caratteristica è davvero la più importante per una corretta determinazione ed è apprezzabile anche in esemplari vetusti, laddove si possono individuare le cicatrici circolari lasciate dopo la caduta degli aculei. Benché non sia tossico dal punto di vista alimentare, si ritiene utile citare un’allergia presente in letteratura medica, chiamata Lycoperdonosi. Si tratta di una polmonite allergica dovuta all’inalazione, fortuita o voluta, di buone quantità di polvere sporale.”
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